Prendendo spunto, come recensione, dall'ultimo libro di Giampiero Berti: "IL PRINCIPE E L'ANARCHIA", sulla questione etica del Potere nelle relazioni umane, ecco la mia riflessione:
Recensione, come riflessione sull’anarchismo, del libro del professore di storia Giampietro Berti:
“IL PRINCIPE E L’ANARCHIA”
Quest’ultimo lavoro di Nico (diminutivo per gli amici) completa la riflessione etico-politica sull’anarchismo nella storia ma contro la storia. Con il libro “libertà senza Rivoluzione” ha esaminato e sminuzzato in tutte le sfaccettature il fenomeno storico delle rivoluzioni per antonomasia: Francese, Russa e Spagnola. Dalla Rivoluzione francese nasce il pensiero politico filosofico dell’Anarchia, strutturato sulla coerenza tra mezzi e fini che l’azione umana deve perseguire per ottenere una società universale in cui le tre parole che distinguono l’Uomo dal resto del regno animale: fraternité, égalité, liberté si inverano nel quotidiano del vivere civile. Ha sminuzzato la Rivoluzione sposata dall’anarchismo tra l’800 e il ‘900 facendo emergere l’ossimoro tra Rivoluzione e Anarchismo. Con ciò, dico io, la Rivoluzione, perseguita dall’anarchismo, come mezzo per distruggere il potere e far emergere il trittico nelle relazioni umane, è stato una contraddizione e quindi un grave errore filosofico-politico dei fondatori dell’anarchismo, che, gli anarchici di oggi devono buttare nel cestino dei rifiuti storici: L’idea di Rivoluzione come mezzo politico per cambiare le istituzioni della società vigente. Si potrebbe dedurre che senza Rivoluzione, per demolire il Potere nelle relazioni Umane, gli anarchici dovrebbero ritirarsi dal fare Politica, io dico invece che, se solo negli anarchici risiede l’etica della Politica, intesa come coerenza tra mezzi e fini, allora è coerente per un anarchico fare politica in senso gradualista RIFORMISTA, come giunse a questa riflessione, che oggi, dopo un secolo, possiamo definire CORRETTA, cioè non contraddittoria, Francesco Saverio Merlino in contrasto con Errico Malatesta.
Il problema Rivoluzione si è scontrato con l’altro problema del pensiero anarchico, costituito dalla questione ECONOMIA, come scienza dell’azione umana che ha sviluppato il liberalismo e trascurata dall’anarchismo. Questa trascuratezza è stata una causa importante per cui l’anarchismo ha perso in Russia e in Spagna. L’anarchismo non volle capire che il MERCATO, se fosse spinto alla estrema conseguenza di coerenza, porta la società all’anarchia. Invece, essendo impregnato dal concetto rivoluzionario, ha pensato di costruire una società volontaristica progettuale nel modello “COMUNISMO LIBERTARIO” che, con la coerenza dei DURRUTI in Spagna, stava portando l’anarchismo alla DITTATURA ANARCHICA. Come avvenne coerentemente per il bolscevismo in Russia secondo la teoria Marxista. Questa analisi storica, Berti, l’affronta nel libro “Crisi della civiltà liberale tra le due guerre”. In questo libro sviscera la contraddizione dell’anarchismo dell’epoca, che, abbracciando l’idea Rivoluzionaria di trasformazione della società, non si resero conto che stavano favorendo la nascita dei tre totalitarismi che l’Europa ha vissuto nel ‘900: Comunismo, Fascismo, Nazismo, invece di abbracciare la via riformista Costituzionale del liberalismo (Costituente in Russia, Repubblica di Weimar in Germania, Liberalismo in Italia.
Con quest’ultimo libro; Berti affronta la questione etica del Potere sviscerato dall’anarchismo storico come assioma in contrasto con la libertà. Esamina il problema partendo dal teorico più rappresentativo che ha storicizzato la questione del Potere, come coerente sviluppo dell’azione Politica dell’Uomo, come è stato Machiavelli, e da cui nasce l’idolatria dello Stato moderno. Nei seguenti periodi, che trovate nel libro, c’è la sintesi controversa tra Potere e Anarchia: “l’anarchismo, cioè, è il figlio dell’illuminismo nella sua versione estremistica ma è anche, contemporaneamente, una reazione di rigetto degli effetti alienanti prodotti dalla modernità. Il giudizio sulla sua natura è riassumibile in questo modo: esso è minato da un’insanabile aporia perché da una parte si costituisce politicamente, dall’altra si nega in quanto tale. Precisamente è un’ideologia etica che si muove in senso politico. Il suo modello di società e quello del superamento del complesso giuridico della costrizione potestativa, per cui il rapporto decisivo fra i suoi membri non è fra legge e libertà, ma fra libertà e morale. Pertanto, è la negazione della politica perché designa un regime sociale dove non esistono, in via di principio, forme coercitive a carattere istituzionale: la vita individuale e collettiva è concepita senza un potere costituito. L’anarchismo risolve perciò, in termini rovesciati, il problema della separazione machiavelliana dell’etica dalla politica: Machiavelli le ha divise, l’anarchismo le ricongiunge.” A questo punto mi domando e domando all’amico anarchico Nico Berti, come ha potuto l’anarchismo teorizzare una società senza Potere? In tutti i millenni l’evoluzione sociale dell’umanità, sia individuale che collettiva del Potere politico, ha visto lo scorrere del potere nelle relazioni umane. A volte come Potere totalitario, quello dei Tiranni, a volte come potere democratico oligarchico, nell’antica Atene, prima della rivolta anarchica del 508 a.c. che sfocia nella Democrazia. Oggi come potere liberaldemocratico. Il potere è un fenomeno che si insinua nelle necessità sociali e politiche che la diversità naturale del genere umano ha. Qui avrebbe ragione Machiavelli, secondo cui “gli uomini sono più proni al male che al bene, non operano nulla bene se non per necessità, pronti ad usare la malignità dell’animo loro qualunque volta ne abbiano la libera occasione”. “la Natura ha facto ad l’huomo diverso volto, così li habbi facto diverso ingegno et diversa fantasia”. Dice Berti: “Non c’è rimedio alla disuguaglianza e al potere: ci sarà sempre chi comanda e chi ubbidisce, chi vivrà nel privilegio e chi nella cattività. Una condizione questa senza via d’uscita perché, se le forme della gerarchia cambiano, non cambia l’anima che le sottende. L’uguaglianza e dunque una chimera, il mondo è sempre stato “ad uno e medesimo modo (non essendo) stato mutato moto, ordine e potenza. Ci può essere un potere politico come istituzione condivisibile per l’anarchismo? Secondo lo studioso di filosofia sociale Lorenzo Infantino con la sua opera “POTERE” ci risponde Sì. Ha sviscerato la nascita del potere nei rapporti intersoggettivi in cui nasce il potere buono, necessario ad un ordinato, a volte conflittuale a volte mutuale, del rapporto sociale tra gli individui. Solo riconoscendo questo potere buono nell’azione umana si conseguano posizioni sociali mediante il confronto e separale dalle posizioni sociali conseguite mediante la simulazione ed il sostegno delle strutture coercitive. Ciò rende possibile “misurare” ogni situazione storico-sociale, dare evidenza ai fenomeni di <<sfruttamento politico>>, smascherare l’inganno presente nella promessa totalitaria di “riplasmare” la condizione umana. Quindi è possibile identificare gli accorgimenti ISTITUZIONALI attraverso cui limitare il potere dell’uomo sull’uomo. Sulla natura umana il nostro filosofo Camillo Berneri con il seguente aforisma ci dà un squarcio di luce: “Fa che il mio cuore non si inaridisca mai; che possa sempre continuare ad amare gli uomini così come sono, deboli e cattivi come dei bimbi e dei malati, che vanno aiutati ad uscire dalla barbarie o a guarire; che possa sempre sentire la pioggia delle lacrime del mondo, anche nel tepore luminoso dei momenti di gioia; che non c’è pozza fangosa in cui non possano splendere l’oro del sole e i colori del tramonto”. Questo è l’Uomo anarchico teorizzato dall’anarchismo. A questo punto concludo la mia riflessione con un aforisma che la AI di Facebook ha estrapolato dai miei commenti, per identificare il mio pensiero: “L’anarchia è un sistema sociale è politico di un popolo che garantisce con la giustizia la libertà di reciproche relazioni tra gli Umani”.
Ecco che scaturisce l’Istituzione del potere buono, che può essere propugnato dall’anarchismo: La Politica è il potere che istituisce e garantisce l’Autogoverno della Giustizia.
Dongo lì 20/04/2024 Michele Albo